#ADBiella. Il digitale al servizio della rigenerazione sociale e della relazione: uno strumento umanizzante

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Al tempo della pandemia, della società liquida, della precarizzazione del lavoro e dello sfilacciamento (almeno apparente) del patrimonio valoriale che abbiamo ereditato, e forse in parte disperso, regna sovrana una terrificante incertezza. Incertezza per il futuro, che annichilisce finanche il presente.

Come affrontarla? Anche per contrastare questo “sentimento” che rischia di contaminare, rovinandolo, il nostro quotidiano, sempre più ansiogeno per le incognite del domani, la tecnologia e il mondo digitale possono essere una valida risposta. È quanto emerso dal secondo appuntamento online (dal titolo “La tecnologia come strumento abilitante: il potenziamento dell’individuo e della comunità”) del ciclo #dh2021, DIGITAL Humanities, di Agenda Digitale Biella (azione #biellaimpresa).

Il primo relatore, Benedetto Buono (manager, consulente di startup, e scrittore), ha spiegato come coltivare le relazioni in rete equivalga a farlo nella vita offline. Di più: è proprio in momenti come quelli che stiamo affrontando, in cui una pandemia riesce a polverizzare le nostre certezze, che ci si rende conto di quanto siano fondamentali le relazioni. E se talvolta la frenesia della società in cui viviamo ci ha allontanato da amici, parenti, compagni di scuola o di università oggi ci accorgiamo che proprio grazie alla tecnologia digitale riusciamo a riannodare rapporti che avremmo altrimenti rischiato di perdere del tutto.

Ma attenzione, non ci si può aggrappare alle relazioni solo nel momento del bisogno. I rapporti, anche mediati dallo strumento tecnologico, devono essere coltivati. Oggi il mondo è diventato molto piccolo e bastano pochi click per raggiungere contatti dall’altra parte del pianeta. Questo, in un certo senso, rende ibride le nostre relazioni, ma d’altro canto ci permette di azzerare distanze altrimenti quasi siderali.

Ecco quindi che online e offline possono diventare solo una questione mentale, mondi in realtà molto più vicini, confinanti, di quanti si possa pensare. Perché è il fine che conta, la relazione.

Le leve migliori per far collimare (e non collidere) la vita reale con quella nel mondo virtuale sono legate a due keyword: coinvolgimento e partecipazione. Entrambe possono essere ulteriormente potenziate da una specie di codice etico da rispettare anche online. Un po’ come, per educazione e talvolta per convenzione, siamo soliti fare nei rapporti “in presenza”.

Non molto tempo fa si diceva che la vera ricchezza è il tempo, oggi, al netto di una pandemia globale, che ci ha confermato quanto fosse vero questo postulato, dobbiamo comprendere che il tempo assurge a valore solo se siamo in grado di utilizzarlo in modo proficuo o anche solo funzionale al nostro benessere psico-fisico.

In quest’ottica bisogna (ri)cominciare a lavorare sui cosiddetti asset relazionali. Le donne – è chiaro a tutti! – sono più avvantaggiate, ce l’hanno nel Dna. Quanto agli uomini, c’è chi è più predisposto e chi lo è meno, ma in ogni caso, il consiglio di Buono è quello di imparare a plasmare la parte “femminile” presente in ognuno di noi. Più relazione e meno competizione, come ricetta per massimizzare la qualità della vita.

Il secondo ospite della serata, Emanuel Ingrao (esperto di processi d’innovazione, fondatore e ceo di SHIFTON), ha portato un contributo altrettanto interessante, condito da una godibilissima facondia, tipicamente emiliana.

Illuminanti le sue tre case history, che muovendo dall’esperienza lavorativa in SHIFTON hanno fatto apprezzare al numeroso pubblico collegato la bellezza prorompente della rigenerazione urbana (a Milano con l’Adriano Community Center), l’efficacia dell’abbigliamento intelligente, lo smart textile, per superare alcune situazioni di fragilità (donne che hanno subito interventi chirurgici oncologici, e in particolare pazienti mastectomizzate, anziani con decadimento cognitivo e bambini obesi), infine la valenza sociale di un progetto rigenerativo all’interno di un carcere femminile.

Tutti processi d’innovazione partiti da un approccio “olistico”, che proprio per questo non lasciano nulla al caso. Ma la realizzazione di progetti tanto innovativi quanto ambiziosi e complessi non sarebbe possibile se non attraverso l’ampio ricorso alle più moderne tecnologie, che mai come in questi tre casi hanno evidenziato le loro incredibili valenze umanizzanti.

Anche dal punto di vista aziendale è possibile costruire scenari di questo tipo. Basta saper imparare a progettare “dal basso”, quindi a partire dalla necessità d’inclusione dell’utenza a cui ci si rivolge, mantenendo possibilmente un’organizzazione aziendale quanto più liquida possibile, dove per “liquida” si intende la somma di tante professionalità in grado di amalgamarsi, contaminarsi e innovarsi reciprocamente.

Non si può innovare all’esterno se non si comincia a farlo all’interno. In tutto ciò, ha concluso Ingrao, «la tecnologia è sempre a bordo, ma non è mai dominante». Come dire?, questa affascinante interpretazione del progresso piace tantissimo anche a noi, e ha letteralmente stregato i partecipanti al webinar di #ADBiella.

E se l’appetito vien mangiando, sono davvero in tanti (noi compresi) ad attendere il terzo appuntamento, in programma martedì prossimo 25 maggio a partire dalle 17.30: “Consapevolezza digitale: cura della propria identità digitale; benessere e disconnessione”, promette proprio bene.

«Ogni buona idea dà un buon risultato, e da questo nasce un’ulteriore nuova idea – ha commentato con orgoglio Fulvia Zago, presidente di #ADBiella -. Noi siamo all’interno di una concatenazione virtuosa. Il corso è di altissimo livello, lo dimostra sia l’alto numero di iscritti che la loro presenza fino alla fine degli interventi».

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