Cinema. Biella: “Il Professore e il Pazzo” e “La Gabbianella e il Gatto”, un weekend di… strane coppie

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Due coppie improbabili, due storie incredibili, due film da non perdere. In questi giorni a Biella troviamo in sala Il Professore e il Pazzo e il sempiterno La Gabbianella e il Gatto, riproposto dopo tanti anni dalla prima uscita. Il primo è un lungometraggio tratto dalla vera storia di come nacque l’Oxford English Dictionary, l’allora più grande e completa raccolta di parole inglesi mai esistita; il secondo è un cartone animato tratto dal racconto di Luis Sepùlveda, Storia di una Gabbianella e del Gatto che le Insegnò a Volare.

Si tratta di due storie così diverse, distanti, ma al tempo stesso vicinissime. Già dal titolo: due personaggi agli antipodi, quasi uno l’opposto dell’altro. Da una parte abbiamo un professore, un uomo di scienza, l’essere umano che più di tutti poggia la sua esistenza sul potere della mente e un pazzo, un assassino schizofrenico, uno che la società vorrebbe soltanto vedere rinchiuso in qualche manicomio; dall’altra abbiamo invece una piccola gabbianella, un uccello e un gatto, un predatore naturale, un animale che gli uccelli se li mangia a colazione.

Eppure il destino chiederà loro di rompere queste barriere e affidarsi uno all’altro, giungerà loro una specie di chiamata a cui dovranno rispondere. Il professore dovrà mettere a rischio tutto il suo lavoro per aiutare un amico, il gatto dovrà quasi smettere d’essere gatto per aiutare la piccola orfana. Quando Fortunata rompe il guscio e chiama Zorba “mamma”, si crea un legame inscindibile, un impegno a cui il gatto non può sottrarsi; quando William chiama Murray “amico”, il professore non potrà che dare il giusto e tremendo peso che questo parola reca con sé.

Un progetto, quello de Il Professore e il Pazzo, covato fin dagli anni ’90 da Mel Gibson (qui nei panni di Murray), ma decollato solo nel 2016 sotto la guida di P.B. Shemran, che attinge a piene mani dal romanzo di Simon Winchester, L’Assassino più Colto del Mondo. A tratti leggermente stucchevole nelle sue punte più moderniste (come l’accorato monologo in aula della vedova Merrett, assolutamente anacronistico e fuori luogo), riesce ad essere comunque fedele ad usi e costumi dell’epoca, quella della Londra di metà ‘800. Per non tenere conto di un cast coi controfiocchi (Mel Gibson, Sean Penn, Natalie Dormer e molti altri) e un film che qualitativamente parlando è una boccata d’aria fresca, in un panorama così desolato come quello degli ultimi mesi.

In buona sostanza, se non siete ancora andati a vedere almeno uno dei due (anche se fatico a credere che esista qualcuno che non ha letto o visto il racconto di Zorba e Fortunata) e avete sete di cose belle, siete ancora abbondantemente in tempo e non avete scuse.

Edoardo Dantonia

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