Negli ultimi anni, la provincia di Biella è stata teatro di episodi di criminalità che vanno dalle faide tra famiglie rivali a fenomeni più strutturati legati alla criminalità organizzata. La cronaca locale ha più volte documentato episodi di violenza e tensioni nel quartiere Villaggio Lamarmora, dove due famiglie rivali, si scontrano in una faida che si protrae da anni.

Uno degli episodi più eclatanti si è verificato il 16 settembre 2020, quando una rissa ha coinvolto oltre 50 persone, richiedendo l’intervento di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Secondo i testimoni, la situazione è degenerata rapidamente tra provocazioni, minacce e un vero e proprio dispiegamento di forze da entrambe le parti. L’intervento delle autorità ha evitato conseguenze peggiori, ma non ha posto fine a una rivalità che, secondo alcuni abitanti della zona, è ormai “scritta nel DNA” delle due famiglie.
L’episodio non è stato un caso isolato. Già a febbraio 2020, una violenta aggressione aveva portato al ferimento grave di Vito Marotta, colpito all’occhio da un proiettile. Anche in quel caso, il Villaggio Lamarmora era stato teatro di scontri che avevano coinvolto diversi membri delle due famiglie. Un altro episodio significativo si è verificato nel marzo 2021, quando le forze dell’ordine hanno chiuso un’inchiesta su una maxi rissa che ha portato 14 persone a processo. Questi eventi mostrano come la tensione rimanga alta e come le faide familiari continuino a influenzare la sicurezza del quartiere.
Se la violenza legata a queste rivalità familiari rappresenta un fenomeno circoscritto, il Biellese deve fare i conti anche con una criminalità organizzata più strutturata. Secondo dati del Ministero dell’Interno, oltre il 10% dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in Piemonte si trova nel Biellese. Questi beni comprendono alloggi, capannoni industriali, magazzini e terreni agricoli, segno evidente di un’infiltrazione più profonda nel tessuto economico locale.
Le autorità, sotto la guida del prefetto Franca Tancredi, stanno lavorando per monitorare e riutilizzare questi beni a fini sociali, prendendo spunto da esperienze come quella di San Giusto Canavese, dove una villa confiscata alla mafia è stata trasformata in un centro per persone diversamente abili. Il lavoro di riconversione e riutilizzo di questi beni è essenziale per spezzare i legami tra criminalità organizzata ed economia locale, impedendo che vengano utilizzati per il riciclaggio di denaro o per altre attività illecite.
L’infiltrazione della ‘ndrangheta nel Biellese è stata documentata da diverse operazioni delle forze dell’ordine. Una delle più significative è stata l’operazione “Alto Piemonte” del 2016, che ha portato all’arresto di oltre 40 persone, di cui sei nel Biellese. L’inchiesta ha rivelato il coinvolgimento della criminalità organizzata in estorsioni, traffico di droga e riciclaggio di denaro, dimostrando come anche un territorio apparentemente tranquillo come quello biellese possa essere oggetto di infiltrazioni mafiose.
Il contrasto a queste attività criminali richiede un’azione coordinata tra istituzioni, forze dell’ordine e cittadini. Se le rivalità tra clan possono sembrare episodi isolati, essi sono sintomo di un tessuto sociale che, in alcune aree, fatica a scrollarsi di dosso dinamiche di violenza e vendetta. Allo stesso tempo, la presenza della criminalità organizzata è un fenomeno che non può essere sottovalutato e che necessita di una vigilanza costante per evitare che il territorio diventi un punto di snodo per traffici illeciti.
Il futuro della lotta alla criminalità nel Biellese dipenderà dalla capacità delle istituzioni di rafforzare la sicurezza, promuovere la legalità e sottrarre terreno alla criminalità organizzata, trasformando i beni confiscati in risorse per la comunità e lavorando per spezzare i meccanismi che alimentano faide e attività illecite.